Abilismo: un fenomeno invisibile e silenzioso

Di cosa si tratta
Il termine "abilismo" deriva dall'inglese "ableism" e si riferisce a qualsiasi forma di discriminazione o pregiudizio nei confronti delle persone con disabilità. In questo contesto, si è iniziato a denunciare l’abilismo come una forma di oppressione sistemica paragonabile al razzismo, al sessismo o all'omofobia. Questo concetto ha iniziato a essere elaborato nel mondo anglosassone tra gli anni '60 e '70, in parallelo con le battaglie per i diritti civili e con il movimento delle persone con disabilità, che rivendicavano autodeterminazione, accessibilità e pari opportunità.

Storicamente, la disabilità è stata vista come una condizione sfortunata da correggere, compatire o nascondere. Per secoli, le persone con disabilità sono state trattate come esseri inferiori o bisognosi di assistenza perpetua, escluse dalla società e private di diritti fondamentali. Questa visione si è consolidata con il modello medico della disabilità, secondo il quale la disabilità è considerata una mera condizione biologica da curare o eliminare, anziché il risultato di barriere imposte dalla società.

Negli anni '70, il concetto di abilismo ha iniziato a essere formalizzato negli Stati Uniti, grazie all'impegno degli attivisti per i diritti delle persone con disabilità. Questi hanno denunciato le barriere imposte dalla società, che di fatto emarginano le persone con disabilità e ne limitano l'autonomia. Questo movimento ha avuto un impatto significativo, portando a importanti conquiste legislative, tra cui il Rehabilitation Act del 1973 e, successivamente, l'Americans with Disabilities Act (ADA) del 1990.

Parallelamente, nel Regno Unito, il dibattito sulla disabilità ha assunto un'impronta più accademica, grazie a figure come Mike Oliver, accademico e attivista britannico, tra i principali teorici del modello sociale della disabilità. Oliver ha dimostrato che la disabilità non è semplicemente una condizione biologica, ma il risultato di barriere sociali, culturali e ambientali che ostacolano l'autonomia e la piena partecipazione delle persone con disabilità.
Questa prospettiva è stata poi riconosciuta a livello internazionale con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), adottata nel 2006, che sancisce il diritto delle persone con disabilità a vivere in modo indipendente e a essere incluse nella società su base di uguaglianza con gli altri. Il passaggio dal modello medico al modello sociale ha reso evidente che la lotta contro l’abilismo non riguarda solo l’accesso a cure o servizi, ma implica un cambiamento culturale e strutturale profondo.

La parola "abilismo" non compare nel testo della CRPD perché, al momento della sua stesura (adottata nel 2006), il concetto non era ancora così diffuso a livello giuridico e politico. Tuttavia, la CRPD affronta tutte le forme di discriminazione sistemica, compresi gli atteggiamenti negativi e i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità, attraverso articoli chiave come:
• Art. 5 (Uguaglianza e non discriminazione)
• Art. 8 (Consapevolezza e cambiamento degli stereotipi sulla disabilità)
• Art. 9 (Accessibilità)
• Art. 19 (Vita indipendente e inclusione nella comunità)

Nonostante questi sviluppi, in Italia il concetto di abilismo è entrato nel dibattito pubblico solo negli ultimi anni, grazie al lavoro di attivisti, associazioni e accademici che hanno iniziato a denunciare le discriminazioni sistemiche e il linguaggio abilista ancora diffuso. Questo ritardo è dovuto a diversi fattori, tra cui una forte tradizione assistenzialista e la tendenza a considerare la disabilità più come una questione di carità che di diritti. Tuttavia, il crescente riconoscimento dell’abilismo come una forma di oppressione strutturale sta aprendo nuove prospettive per la lotta all’inclusione e all’uguaglianza delle persone con disabilità.

Forme di abilismo
L'abilismo si manifesta in modi molteplici e spesso sottili, rendendolo difficile da identificare e combattere. Tra le forme più comuni troviamo:
1. Abilismo benevolo: atteggiamenti paternalistici che trattano le persone con disabilità come eternamente bisognose di aiuto, senza riconoscerne l'autonomia e le capacità decisionali.
2. Abilismo ostile: comportamenti esplicitamente discriminatori, come insulti, esclusione sociale o mancanza di accessibilità in spazi pubblici e privati.
3. Abilismo interiorizzato: quando le persone con disabilità assimilano stereotipi negativi su sé stesse, limitando le proprie aspirazioni e possibilità di realizzazione.
4. Microaggressioni abiliste: commenti o atteggiamenti apparentemente innocui che rafforzano la discriminazione, come lodare una persona con disabilità solo per aver svolto un'attività quotidiana o trattarla con un tono infantilizzante.

Strategie per contrastare l'abilismo
Per costruire una società più inclusiva, è necessario:
• Riconoscere e nominare l'abilismo, rendendolo visibile per poterlo combattere.
• Promuovere un linguaggio inclusivo, evitando termini discriminatori e stereotipi negativi.
• Eliminare barriere architettoniche e digitali, garantendo pari accesso a tutti.
• Educare e sensibilizzare, soprattutto nelle scuole e nei luoghi di lavoro, per contrastare la diffusione di pregiudizi.
• Ascoltare e coinvolgere direttamente le persone con disabilità, in linea con il principio "Nulla su di noi senza di noi".
• Cambiare la narrazione nei media, evitando storie pietistiche o eroiche che non rappresentano la realtà delle persone con disabilità.

La Piramide dell'abilismo

La Piramide dell'Abilismo illustra come le forme più gravi di oppressione siano alimentate dalla normalizzazione di pregiudizi e barriere quotidiane. Si tratta di un modello visivo che rappresenta le diverse forme di discriminazione e oppressione subite dalle persone con disabilità, organizzandole in una gerarchia che va dalle meno evidenti alle più gravi.

Alla base si trovano i comportamenti normalizzati e le micro-aggressioni, come l’indifferenza e la minimizzazione della discriminazione. Questi atteggiamenti si manifestano, ad esempio, nel negare l’importanza dell’inclusione o nel rifiutare l’esistenza dell’abilismo. Salendo, emergono stereotipi dannosi, come l’idea che la disabilità sia solo una tragedia o meriti esclusivamente commiserazione. Rientrano in questo livello anche l’uso di un linguaggio abilista (es. "sei un peso", "sei speciale", "poverino"*), la rappresentazione delle persone con disabilità solo come eroi o fardelli, l’infantilizzazione e il mancato riconoscimento della loro autonomia.

A un livello superiore si collocano le forme sistemiche di discriminazione e le barriere strutturali, tra cui assistenzialismo, paternalismo, esclusione sociale e molestie. A queste si aggiungono la mancanza di accessibilità negli spazi pubblici, nelle scuole e nei trasporti, la discriminazione nel mondo del lavoro, l’esclusione dai processi decisionali, la negazione di opportunità e le disparità nell’accesso alla sanità e ai servizi.

Nella parte più alta della piramide si trovano le forme più estreme di violenza e oppressione, come segregazione, negligenza ed eugenetica, che possono sfociare in crimini d’odio. Altri esempi includono abusi fisici e psicologici, sterilizzazione forzata e negazione di cure mediche.

Per contrastare l'abilismo, è essenziale agire a tutti i livelli, non solo contro le manifestazioni più estreme, ma anche contro le narrazioni e le strutture sociali che lo perpetuano.

L'inspiration Porn

Un'altra forma subdola di abilismo è l'inspiration porn, un termine coniato dall'attivista Stella Young, nel video, per descrivere contenuti che mostrano persone con disabilità come esempi di ispirazione per chi non ha disabilità. Frasi come "Se ce l'ha fatta lui, non hai scuse!" o "Guarda che forza di volontà!" non fanno altro che rafforzare l'idea che le persone con disabilità siano degne di considerazione solo se superano ostacoli enormi, anziché essere semplicemente riconosciute come cittadini con gli stessi diritti e doveri degli altri.

Perché è problematico?
• Riduce la disabilità a un elemento di spettacolarizzazione invece di riconoscere i diritti e le lotte reali delle persone con disabilità.
• Non affronta le barriere sistemiche come l’accessibilità, la discriminazione e le politiche sociali inadeguate.
• Crea un'idea distorta della realtà, facendo credere che chi ha una disabilità debba essere costantemente forte, felice e fonte d'ispirazione.

Come contrastarlo?
• Dare voce diretta alle persone con disabilità, senza intermediari che parlino al posto loro.
• Evitare narrazioni pietistiche o eroiche, trattando le persone con disabilità come individui normali con diritti e bisogni concreti.
• Promuovere rappresentazioni realistiche, mostrando le difficoltà senza ridurle a spettacolo e evidenziando le responsabilità della società nel rimuovere le barriere.

Conclusione
L'abilismo non è un problema individuale, ma un fenomeno strutturale che richiede un cambiamento culturale e politico. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e un impegno concreto possiamo costruire una società in cui ogni persona, indipendentemente dalle proprie abilità, possa vivere con dignità, autonomia e piena partecipazione.